Che fatica la vita da leader
We can be “heroes”
Alla fine degli anni ’70 il “Duca bianco” David Bowie, uscendo dal periodo più buio della sua vita, scriveva un capolavoro che avrebbe segnato per sempre la storia della musica. La parola “Heroes” fu volutamente virgolettata, con l’intenzione di demolire quell’alone trionfalistico che da sempre accompagna la figura degli eroi. I protagonisti del pezzo sono due innamorati, eroici per la loro determinazione nell’inseguire il proprio sogno amoroso, a dispetto di un mondo che prova a dividerli.
Per la prima puntata “Che fatica la vita da leader” del podcast “Nessuno diventa eroe da solo” il tema di riferimento è quello della leadership ed abbiamo avuto il piacere di intervistare Beppe Carrella. Punto di riferimento assoluto in questo campo, Beppe è un Manager sui generis ed innovatore cresciuto nel mondo ICT nonché Ceo di numerose aziende del settore in Italia ed all’estero. Leadership, teorie del caos e della complessità sono il suo pane quotidiano.
Si può (legittimamente) chiedere: quale sarebbe il collegamento tra David Bowie, il tema della leadership e Beppe Carrella? In realtà ve n’è più di uno. L’analisi di Beppe muove i suoi passi e struttura la figura del leader ed il tema della leadership in maniera ben diversa da quella a cui siamo abituati. E’ comune pensare ai leader come ad eroi nel senso più “antico” del termine. Probabilmente se chiedessimo “qual è la prima figura di leader che ti viene in mente?”, le risposte partirebbero da Napoleone Bonaparte per finire a Che Guevara, passando per Garibaldi, Cavour e simili. Ma davvero ai nostri tempi il concetto di leader è riconducibile a queste figure? Oppure sono altri i leader del nostro presente?
La chiave di lettura di Beppe sta molto più in quelle virgolette pensate da Bowie che nelle trionfali imprese napoleoniche. L’epicità, se di questo si può parlare, la si vede nella capacità di spezzare le meccaniche restrittive del quotidiano, nel saper guardare avanti, nello sguardo sognatore che riesce a vedere a lungo raggio. Non un eroe omerico, non un freddo manager focalizzato sulle performance di breve termine. Si potrebbe dire semplicemente un individuo, ma non di certo un individualista: leader è colui che riscopre sé stesso e lavora ogni giorno in funzione del sogno, avvalendosi dell’arma naturale del proprio entusiasmo per coinvolgere chi gli sta intorno.
E’ lo stesso atteggiamento che William Shakespeare descrive nell’opera “Enrico V”. 1415, battaglia di Azincourt, trentacinque mila francesi contro seimila inglesi; la sorte della battaglia sembra segnata. Il morale dell’esercito inglese è al limite del cedimento. Eppure, accade qualcosa di straordinario e inaspettato: Enrico V parla ai suoi uomini. Nel celebre discorso di San Crispino, il re riesce ad animare il cuore dei suoi soldati, ad infondere un coraggio inimmaginabile che permetterà loro di coronare un sogno, il sogno del leader, sconfessando le ovvie previsioni di sconfitta.
Per usare un’immagine più moderna, parlare con questo diverso “tipo” di leader sarebbe un pò come assistere ad un “silent party”: il leader è quello che inizia a ballare in un modo così travolgente e così dirompente che ne rimani incanto e inizi a seguirlo, muovendoti proprio come si muove lui, al suo ritmo, anche se la musica non c’è. C’è solo lui, le sue cuffie e la musica nelle sue cuffie. Ma tu la senti comunque: si chiama potere del coinvolgimento.
Tutto qua? No.
Bowie, nella sua genialità, aveva l’intenzione di esprimere messaggi, sensazioni, concetti usando probabilmente il mezzo più potente ed affascinante a disposizione dell’essere umano: l’espressione artistica. L’aspetto forse più spettacolare dell’arte è proprio quella capacità di trasmissione di pensiero “tra le righe”, stimolante per la sua complessità che richiede necessariamente analisi, riflessione, ragionamento, interpretazione. Beppe Carrella è un pensatore. E da pensatore, sfrutta esattamente queste potenzialità: attraverso il suo sguardo, il rock diventa concetto da comprendere e diffondere. Senza dubbio, è uno “spacciatore di rock”, di quello che il rock è e rappresenta. Curiosi? Facciamo un altro esempio: i Beatles.
Il Leggendario gruppo degli anni 60 non è solo il muscolo propulsore della pop art ma nell’idea di Beppe si evolve, diventa qualcosa di ancor più esplosivo: un modello ideale di coesione e capacità di lavoro in team. Ed in effetti, chi meglio degli iconici ragazzi di Liverpool può incarnare la capacità di raggiungimento del sogno? Partiti dal proprio “nido” affacciato sul Mare d’Irlanda riuscirono a conquistare il globo, passo dopo passo, gradino dopo gradino, soprattutto grazie al livello strabiliante di “simbiosi artistica” dimostrata all’esterno e percepita all’interno. E’ complesso dire chi potesse essere il “leader” del gruppo, semplicemente perché le diverse personalità si sono rivelate talmente complementari, talmente capaci di incastrarsi che, come nel miglior puzzle che si rispetti, sono riusciti a mostrare al mondo il frutto della loro epicità: l’unione. Difatti, il gruppo decise di sciogliersi proprio quando perse questa sincronia nel battito cardiaco, rifiutandosi di trasformare un sogno in banale necessità. Semplicemente, “Let it be”.
Insomma, se siamo spontaneamente abituati a ridurre il tema della leadership a mero “programma di comportamento”, statico e schematico, il nostro role model scardina totalmente questi limiti culturali e ci apre le porte di un mondo nuovo, dinamico e particolare. Semplicemente unico nel suo genere!
Il suo approccio ed il suo stile ci mostrano un leader del nostro tempo che combina lungimiranza, pensiero critico e grande entusiasmo.
E se non ci credete… sit down and listen to the music.
Scritto dal team di Ang inRadio Rende – Nessuno diventa eroe da solo
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