Tra confini emotivi e comfort zone, nuovi modi di stare al mondo
La maggior parte di noi cresce pensando di dover costantemente superare i propri limiti. Ci muoviamo un po’ a tentoni tra i fatti della vita, alla ricerca di modi nuovi di stare al mondo. Qualche volta sentiamo accendersi una luce e ci sembra di intuire cosa è giusto per noi, qual è la nostra essenza.
Quella essenza può diventare un luogo (simbolico o no) fervido e palpitante, i cui confini, più o meno marcati, siano da difendere o da oltrepassare, dipende dai casi.
Del resto, i confini spesso sono inviti travestiti, sfide che ci fanno un guizzo. Non barriere inespugnabili, ma prove da accogliere con coraggio e consapevolezza.
Inoltre, pensiamoci un attimo: come si fa a proteggere qualcosa se non la si conosce? Non è forse l’esperienza di una situazione o di un vissuto a farci percepire di essere a nostro agio oppure no?
Per superare un confine, è fondamentale riconoscere la sua esistenza e perché questo avvenga occorre sviluppare la conoscenza di sé. È come tessere un delicato arazzo con i fili della comprensione di cosa ci fa stare bene e cosa no, di ciò in cui siamo bravi e delle nostre zone da migliorare. Prima di poter andare oltre, dobbiamo conoscere i contorni del nostro essere, riconoscendo i nostri limiti senza timore, ma tenendo in considerazione che sono solo il punto di partenza per una crescita continua.
Da qui si sviluppa l’importante capacità di rintracciare la bellezza dentro di noi e plasmare la nostra essenza, per poi esplorare l’esterno.
Immaginiamo una cornice vuota.
Le cornici sono come finestre che ci aiutano a vedere meglio quello che c’è dentro. Il bordo che mettiamo intorno per far risaltare ciò che stiamo guardando. È come una guida che ci aiuta a comprendere meglio cosa stiamo percependo.
Quando mettiamo una cornice a una tela o a una foto, stiamo creando una specie di schema intuitivo. Questo schema ci aiuta a comprendere meglio ciò che stiamo guardando, ad adattarci a come percepiamo le cose. In altre parole, ci aiuta a vedere e capire meglio ciò che c’è dentro, facendo in modo che la nostra mente si predisponga al modo in cui percepiamo la scena dipinta o fotografata. Allo stesso modo per individuare il nostro personale modo di stare al mondo, dobbiamo incorniciare la nostra essenza per riuscire a sentirla prima ancora di pensarla e poi decidere se e come creare vie di fuga, romperne un lato o eliminarla del tutto.
Altro aspetto fondamentale che ci influenza in questo processo di individuazione ha a che fare con i confini esterni, quelli in cui cresciamo, tra famiglia, scuola e amici (anche dette regole e porti sicuri). Quelli dove si apprende se stessi e si sciolgono i primi propri grovigli emotivi.
Può accadere di sperimentare la totale assenza di tracciati affidabili che spesso si traduce nella fatica di capire il funzionamento delle cose tangibili, come i libri, il cibo, i soldi, ma anche di gestire quelle intangibili, come le emozioni, l’autodisciplina, i sogni. Oppure può capitare che quelle linee guida siano recinti troppo alti e fitti, e trasformano il terreno da fertile in paludoso, e da ridurre al minimo le possibilità di esplorare ciò che non sta al di qua del recinto.
A tutto questo è legata la nota espressione comfort zone. Quello spazio conosciuto dove vivere è apparentemente più facile. Ma sentirsi meno esposti a ferite e ostacoli è davvero la parte migliore della vita? Quel luogo confortante e accogliente rischia di essere una discomfort zone?
Siamo dell’idea che le più deliziose cose della terra si trovino in relazione con gli altri, sollevando lo sguardo oltre il bordo familiare, oltre la tranquillità apparente. E che alla base di profonde connessioni umane ci sia il sapere di sé e dei propri piccoli cerchi a cui si appartiene. Dopotutto, qualcuno ben prima di noi, già esortava al conosci te stesso!
Complesso e multidisciplinare, così è il tema dei confini. Ne siamo consapevoli. Ma fondamentale. Anche per questo, assieme ai nostri partner, stiamo seguendo un progetto su Cosenza che abbiamo chiamato proprio Confini.
Se ti fa piacere saperne di più, lasciaci un commento alla fine della pagina o scrivi direttamente una email qui: info@goodwillteam.org
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