Gestione risorse (dis)umane
Possiamo dirlo immediatamente: oggi, le aziende con approccio consapevole e virtuoso al mondo del lavoro parlano di gestione delle persone invece di gestione delle risorse umane. O, ancora meglio: di cura delle persone.
Benessere aziendale prima di produttività aziendale, mondo del lavoro prima che mercato del lavoro, conciliazione tra vita privata e vita professionale, invece di scegliere tra l’una o l’altra.
In azienda: lo stare bene ispira (anche) il fare bene
I dati della più recente ricerca Gallup sul benessere dei dipendenti – che misura vari aspetti della vita lavorativa, ad esempio la preoccupazione per il proprio benessere o le emozioni negative quotidiane -, evidenziano che nel 2021, il 55% dei dipendenti faceva molta fatica, l’11% stava soffrendo e solo il 33% si sentiva produttivo. Inoltre, sebbene si stia manifestando un recente decremento delle dimissioni, è importante ricordare che tra il 2021 e il 2022 oltre 3 milioni di italiani hanno lasciato il lavoro e quasi 600.000 solo nell’ultimo trimestre del 2022 (fonte: Ministero del Lavoro), numeri tanto grandi da essere considerati un fenomeno, quello delle Grandi Dimissioni. Anche senza fare appello ai dati, il comune percepire va nella stessa direzione. E se fino alla fine del ‘900 si parlava ben poco di benessere aziendale (figuriamoci metterlo in pratica), oggi se ne parla e se ne scrive ovunque: il tema nelle aziende, soprattutto nel mondo ICT (Information and Communication Technologies), è di quelli che scottano e conquista il posto delle priorità nelle agende dei manager.
Gestione Risorse Umane VS Cura delle persone?
Ebbene, sì. Il benessere aziendale passa necessariamente da alcuni fondamentali cambi di prospettiva. In sintesi: cura delle persone al posto della gestione risorse umane.
Ma cosa significa esattamente? Vuol dire costruire relazioni tra persone, superando (a molti livelli) la gestione anni ‘80 del manager imprenditore concentrato soprattutto, o solo, su bilanci in attivo e produzione massiva; o dell’ufficio risorse umane il cui lavoro era (e spesso ancora è) indirizzare al rispetto delle regole aziendali sposando la missione in ogni sua declinazione, invitando a portarla fuori dall’ufficio come un’appartenenza identitaria calata dall’alto invece che sentita. Questo accadeva perché le risorse umane erano considerate, quasi al pari delle risorse monetarie, investimenti produttivi o non produttivi.
Oggi il benessere aziendale implica la capacità di avere cura del percorso di crescita delle persone, della loro motivazione e dei rapporti tra colleghi; dello stare bene in azienda, del rispetto del carico di lavoro e delle ambizioni di ognuno. Risiede nell’arte di comunicare in modo trasparente alle persone e di cooperare con loro. Sono abilità essenziali per chiunque: manager, dipendenti, professionisti autonomi. E tutti, più o meno quotidianamente, dovremmo fare in modo che le persone con cui lavoriamo si sentano adeguatamente valorizzati, soddisfatti in termini relazionali prima che monetari, parte di un progetto condiviso e felici di iniziare a lavorare la mattina.
Basti pensare alla nuova figura professionale del Chief Happiness Officer – che al solo nominarlo pare già profondere felicità – la cui professionalità dovrebbe fare in modo di promuovere la cultura della felicità e della positività come una priorità strategica di ogni luogo di lavoro, per il benessere delle persone e dell’azienda.
Cinque impegni concreti per il benessere aziendale
Voci ironiche di corridoi digitali dicono che il caro buon vecchio indicatore chiave delle prestazioni lavorative, il Key Performance Indicator (KPI), sia stato trasformato in un indicatore di persone interessate – o ispirate o coinvolte -, utile a misurare le nuove capacità di leadership. Ma se si scherza sulla forma (forse), rimane la sostanza, perché le persone sono sempre più selettive nello scegliere dove lavorare.
E come si sceglie? Sulla base di personali (ormai sempre più collettivi) indicatori di benessere psicofisico che mettono al centro la cura degli aspetti relazionali e una serie di impegni concreti volti ad alzare l’asticella del benessere nella cultura aziendale.
Visto che di disquisizioni teoriche e ben argomentate è colmo il web, abbiamo cercato di entrare nel merito con sei impegni concreti di possibile implementazione, nel breve e medio termine. Eccoli qui:
- Comunicazione interna trasparente. Vuol dire prendersi del tempo per informare i dipendenti affinché percepiscano di lavorare in un’azienda che li considera persone, innanzitutto. Vuol dire costruire relazioni sane basate sul rispetto e su una buona comunicazione che consente di conoscere il proprio luogo di lavoro e i propri collaboratori. Vuol dire non venire a sapere le comunicazioni importanti casualmente o, peggio, dall’esterno e a ridosso di una scadenza. Significa quindi stabilire obiettivi condivisi e sviluppare un flusso di informazioni adeguato a raggiungerli.
- Opportunità di crescita professionale e personale, per stimolare ogni tipo di pensiero: da quello creativo a quello analitico a quello pratico. Creare un clima di fiducia reciproca per il confronto costruttivo e la possibilità di dire la propria. Tutto questo per mostrare di avere a cuore realmente la crescita dei dipendenti, al di là del luogo di lavoro. Quindi costruire insieme la crescita personale e professionale, impegnandosi da entrambe le parti: manager e dipendente. Anche tramite (per)corsi, interni o esterni, per rispondere ai bisogni formativi;
- Orari di lavoro flessibili per migliorare il circle-life balance, e, quindi, garanzia di un tempo da dedicare alla propria vita personale, anche tramite decisioni prese insieme e che vadano in questa direzione. Essere i primi promotori di una giusta conciliazione tra privato e lavoro. Flessibilità vuol dire comprendere attivamente le diverse esigenze, se necessario anche sulle scadenze. Soprattutto vuol dire condividere che una vita personale piena contribuisce a creatività, benessere, produttività, buon umore in azienda
- Sviluppo di relazioni sane tra colleghi dal vivo, creare ambienti di lavoro rilassanti o energizzanti che stimolino il desiderio di essere in ufficio invece che soli a casa e dietro uno schermo, ma soprattutto porre attenzione a che ci sia sempre il tempo di confronto con i colleghi, di trascorrere momenti insieme e conoscersi a vicenda, anche tramite attività di team building cucite su misura dell’azienda.
- Conoscenza personale dei dipendenti, tenendo conto anche del loro benessere psicologico. Un manager che mostra un interesse per la conoscenza della persona e della sua storia fondato su ascolto attento è un manager che sa valorizzare chi lavora con lui.
L’equazione perfetta del benessere aziendale
Cinque impegni concreti sono un ottimo inizio, ma provando a tirare le fila per individuare un’equazione perfetta del benessere aziendale, pensiamo sia necessario sottolineare che il punto di partenza sono sempre i valori comuni. Proprio come in ogni sana relazione tra essere umani, bisogna individuare se le fondamenta valoriali sono solide, laddove solide significa costruite insieme e con gli stessi materiali. Perché credere nell’importanza del lavoro di squadra e trovarsi in un’azienda che punta soprattutto all’impegno individuale, per esempio, può essere un’immensa fonte di problemi difficilissimi da risolvere.
Un’eventuale disconnessione tra valori, scopo e pratica, assieme a culture organizzative disfunzionali, crea ambienti lavorativi tossici, tanto che qualcuno ha parlato di tossicometro, per una costante misurazione della salute interna di un’azienda o di qualsiasi luogo di lavoro.
Il benessere aziendale è qualcosa di più del portare il benessere individuale su larga scala ed è difficile avere tutti i termini di quell’equazione perfetta, lo sappiamo.
Ma la buona notizia è che non esiste un approccio perfetto per tutti con la check list da spuntare. Ogni azienda, grande o piccola che sia, ha la sua unicità e attuando piccoli cambiamenti, costanti e continui nel tempo, con consapevolezza e impegno, si può cercare la propria vestibilità, cucita su misura del proprio benessere aziendale.
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